La vita a colori

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di Roberto Rasia Dal Polo
Tratto dal libro di Roberto Rasia dal Polo: “Conduci la tua vita!” in vendita su www.LikeNOone.com

Tempo di estate, tempo di colori. In questi mesi caldi, una volta di più, abbiamo tutti sentito la stanchezza di fine stagione, in negozio, in azienda e tra persone comuni. L’estate – diceva qualche buontempone – non è una stagione, ma uno stato d’animo. Inizierò da questa simpatica provocazione per fare un ragionamento insieme a voi. Per via dell’aumento delle ore di luce e dell’allungamento fisiologico delle giornate, l’estate viene spesso associata alla leggerezza, al sorriso, alle vacanze (soprattutto in Italia dove ad agosto si ferma più di metà Paese contemporaneamente) e, in definitiva, ai colori. Ecco, vi propongo oggi una maliziosa associazione fra il colore e un modo di essere.
Diversi anni fa, in un convegno, suddivisi le aziende fra grigie e colorate. Per aziende grigie intendevo organizzazioni più o meno strutturate, in cui sciocchi e ottusi processi imposti dal di fuori governavano l’organizzazione, macchiavano l’anima degli uomini e, in definitiva, erano in grado di demolire anche la più robusta motivazione di una risorsa umana. Per aziende colorate, invece, intendevo strutture in cui i tanti processi necessari a qualsiasi organizzazione venivano creati ad hoc sulle esigenze dell’azienda stessa, su suggerimento di alcune risorse umane illuminate e venivano essi stessi riforniti proprio da quella motivazione umana che era, è e rimarrà sempre il carburante più potente che sia possibile concepire in azienda.
La vostra attività è grigia o colorata? La domanda non è poi così semplice.
È manichea, innanzitutto, nel senso che impone la necessita di schierarsi, di dividersi tra “funziona” e “non funziona abbastanza”. Ma ancora una volta, come tante volte suggerito da queste pagine, non è la risposta che conta, ma farsi la domanda. Tornate con la memoria a quando eravate motivati (ammesso che oggi non lo siate più).
Cercate di ricordare quel livello di eccitazione perenne con il quale trascorrevate al lavoro e a casa la vostra giornata. Gli occhi sempre veloci e attenti ai dettagli, che cercavano di carpire tutti gli stimoli presenti intorno a voi. Provate a sentire sulla vostra pelle quelle sensazioni, quegli odori, quelle percezioni anche cinestetiche che coinvolgono spesso tutto il nostro corpo a iniziare dalla pelle.
Sono pronto a scommettere che, se riusciste in questo momento a chiudere gli occhi e tornare davvero a quei momenti, indipendentemente dal fatto che siano avvenuti un mese fa o 10 anni fa, sono certo che le immagini con cui ricordereste quelle sensazioni sarebbero a colori!
È vero o no?
Non è un caso, anzi. Eppure non è così scontato. La verità è che la nostra mente ha una predilezione particolare per i colori. Ne viene attratta in modo straordinario, tanto che da diversi anni è in voga l’analisi precisa, per esempio, dei colori con cui noi ricopriamo il nostro corpo attraverso i vestiti che indossiamo.
Lo sapevate che esiste la Image Consultant anche conosciuta come Consulente d’Immagine?
È una professionista che si occupa di studiare il vostro look in base a ciò che dovete fare. Qual è il colore più azzeccato per un colloquio di lavoro? E per una difficile negoziazione con un cliente ostico?
I colori accesi simili al rosso risultano aggressivi alla percezione cognitiva della mente altrui, mentre i colori vicini al verde, beige e marrone sono molto più gentili. Questo solo per fare un esempio, il più banale. Se volete approfondimenti, chiedete alla mia amica Elisa Bonandini di Image Consulting, che mi segue a questo proposito in qualche evento live particolarmente complesso.
E voi? Vi siete mai chiesti che impatto abbia un cliente entrando per la prima volta nel vostro negozio? Quali sono i colori che percepisce prima?
E quelli che si affacciano alla sua mente dopo? Come vi vestite al mattino quando andate a lavorare? Potevate immaginare che anche questo dettaglio avesse un’importanza a livello di business?
Ecco, queste sono solo alcune delle domande che un imprenditore dovrebbe porsi. Queste riflessioni servono per stimolarvi a pensare oltre il vostro giardino mentale. A buttare uno sguardo al di là della propria situazione. Non solo perché altrove possiamo trovare sempre risposte utili e stimolanti anche per il nostro business, ma anche e soprattutto perché distogliere lo sguardo dalle proprie cose serve anche per tornare su di esse con uno spirito rinnovato, più critico e più creativo. Anche queste valutazioni cromatiche fanno di un’azienda una realtà colorata anziché grigia. Ma andiamo oltre.
C’è un altro ingrediente fondamentale che può contribuire a rendere speciale un’azienda come la vostra: la capacità delle risorse umane che ne fanno parte di proiettarsi sulla soluzione e non sul problema. Tempo fa, girava su Linkedin una vignetta gustosa che recitava: “Se non mi porti una soluzione, anche tu fai parte del problema”. Quando pongo un problema o più semplicemente un’esigenza a un commesso di un negozio o al suo titolare, raramente mi trovo di fronte a persone capaci di cambiare il proprio punto di vista e indossare il mio. È molto strano questo comportamento ai miei occhi, perché se io fossi in loro farei di tutto per rispondere a quell’esigenza. Già, se io fossi… ma non lo sono, dunque evidentemente anche il loro punto di vista è importante. Peccato che a me cliente questo non interessi minimamente. Io sono lì per un’esigenza mia e do per scontato che quell’attività, proponendosi sul mercato, la possa soddisfare.
Se così non fosse, sarei prontissimo a cambiare fornitore.
È la durissima legge che si sta creando anche nel nostro mercato e che si impianterà progressivamente in tutto il tessuto commerciale italiano nei prossimi 24/36 mesi. Questo avverrà per due motivazioni principalmente. Da un lato l’inarrestabile cammino di progresso che sta compiendo la tecnologia che ha letteralmente stravolto le nostre abitudini di acquisto e dall’altra l’arrivo dei cosiddetti millennials ovvero gli attuali minorenni che fra 3/5 anni saranno consumatori adulti e pronti a spendere. Pensate che un 16enne di oggi concepisca di entrare in un’agenzia di viaggi a comprarsi una vacanza? Ho provato a chiederglielo e non sapeva neanche cosa fosse, stupendosi tantissimo del fatto che ci siano così tante persone che ancora non acquistino on line. Altro esempio, TripAdvisor: vi siete accorti dell’ultimissima mossa commerciale? Dopo aver conquistato tutti i ristoratori con il suo sistema social che trasforma i consumatori in giudici spietati (e talvolta di dubbia provenienza e trasparenza), dopo averli piegati al proprio volere, ora vende loro la possibilità di far parte di The Fork, un sistema di prenotazione del tavolo al ristorante on line.
Per rendere appetibile questo servizio, l’ha lanciato con il seguente messaggio: “prenota on line il tuo tavolo al ristorante direttamente da TripAdvisor e godrai di sconti fino al 40%!”. Impossibile resistere, ci sono cascato anche io. Lo sconto alla fine era solo del 25% ma…potete immaginare il processo di rinforzo psicologico che la mia mente ha subito alla cassa, quando da 100€ il mio conto si è abbassato a 75€? Una bomba emotiva.
TripAdvisor, Facebook, i Social e la tecnologia in generale non sono la soluzione ai nostri mali commerciali.
Ma evitarli come la peste non farà che rendervi più velocemente estinguibili. Anche in questi approcci avere risorse umane nel proprio negozio pronte a pensare alla soluzione di eventuali problemi non farà che rendere il vostro business meno grigio e decisamente più colorato.
Vorrei chiudere con la capacità di ridere e far ridere, un’attività chiave per ogni buon comunicatore e venditore colorati. Mi preme sottolineare qui l’utilizzo della risata liberatoria di fronte a un cliente o a una platea.
Saper far ridere è sicuramente una skill di pochi.
C’è chi è dotato naturalmente di una carica comica e chi la conquista con enormi sacrifici e tanto lavoro su se stesso. La risata è stata studiata anche da un punto di vista psicologico e addirittura Sigmund Freud scrisse un saggio sulla barzelletta. Far ridere il nostro interlocutore è fondamentale per instaurare con lui un transfert positivo ed efficace. È molto utile durante la captatio benevolentiae, quel momento delicato in cui un oratore salta sul palco e ha pochissimi minuti, se non secondi, per conquistare la fiducia del pubblico. È stato studiato, infatti, che farlo con una risata aumenta incredibilmente la sua efficacia.
Ecco spiegato il motivo per cui in molti provano a far ridere il pubblico appena iniziano a parlare. C’è un’unica controindicazione: non c’è cosa peggiore di un comunicatore che cerca di far ridere il pubblico e non ci riesce. Non viene percepito come simpatico e c’è il rischio che il pubblico diventi ostile.
Ricordo un incipit straordinario del grande paroliere Alessandro Bergonzoni. Appena entrato in scena in teatro, con il suo modo di parlare fintamente apatico e già divertente di per sé, disse: “Grazie, grazie. Devo confessare di essere molto felice di essere qui questa sera al Teatro Duse di Genova, anche perché avevo lo spettacolo ed essere a Livorno in piazza sarebbe stata una cavolata.” La platea, neanche a dirlo, gli diresse il primo di numerosissimi applausi lungo tutta la serata. Il para-verbale con cui l’aveva detto, cioè il modo vocale, certo aveva giocato una buona parte, ma l’effetto ridicolo di quanto disse era dovuto alla paradossalità del contenuto, vista la situazione, l’orario e il luogo.
La risata, insegnano gli autori di Zelig, è un’equazione precisissima, fatta da un contenuto, dal modo di dirlo e dal ritmo. Ecco, il ritmo comico è quanto di più difficile da raggiungere. C’è chi è fortunato e ne è dotato alla nascita. Tutti noi abbiamo amici che definiamo “naturalmente simpatici” e che se raccontano un semplice aneddoto fanno ridere. Se lo raccontiamo noi ad altri amici, ci guardano con occhi storti.
Si può imparare a far ridere? Sì, effettivamente esistono anche dei corsi. Il mio amico Cesare Gallarini, grande regista teatrale, che con grande pazienza nel 2004 mi ha diretto nel mio spettacolo “Non c’è più l’ironia di una volta!” al Teatro San Babila di Milano, ha tenuto per anni dei corsi di comicità, nei quali insegnava proprio questa difficilissima arte. Ridete, fate ridere. O, per lo meno, cercate la risata. Vi aiuterà a colorare tutto quanto intorno a voi. E gli altri se ne accorgeranno subito!
Comunichiamo Amici, non è mai abbastanza!