Il potere del “mugugno”

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Lamentarsi è un atto catartico che sottintende l’intento di attirare l’attenzione su di sé.

La parola mugugno affonda le sue radici nella storia, eppure è quanto mai attuale. Ragionare insieme a voi sul mugugno di alcuni clienti e fornitori servirà a farci domande nuove o, mi auguro, a vedere le stesse cose da un punto di vista leggermente diverso.
Alcuni secoli fa, nella regione in cui sono cresciuto, la Liguria, quando alle 5 di mattina nella piazza principale della città si radunavano i camalli (i mitici scaricatori di porto) per rispondere alla domanda quotidiana di lavoro che veniva urlata davanti a tutti, i lavoratori si dividevano in due grandi filosofie: quelli che esercitavano il cosiddetto diritto di mugugno e quelli che ne facevano a meno.
Se un camallo esercitava il diritto di mugugno, invece che prendere 10 soldi per una giornata di lavoro in porto, ne percepiva 9, però in compenso aveva il diritto di mugugno ovvero poteva lamentarsi tutto il giorno di tutto ciò che voleva.
Pare incredibile, ma la leggenda genovese vuole che la percentuale di chi aderiva al diritto di mugugno fosse altissima. Da allora, a Genova il mugugno è parte integrante del carattere di tutti, alla faccia della presunta tirchieria.
Se ci fate caso, con un’ottica da comunicatori e da venditori, quando incontriamo una persona è più facile che questa si lamenti di qualcosa che ci racconti entusiasta un’esperienza. Provate a chiedere semplicemente “Come va?” alle prime cinque persone che incontrare da questo istante, ma ascoltando con attenzione la risposta, al di là del “va bene” iniziale. Subito dopo una risposta istintiva solitamente formale, ecco che la persona messa al centro del nostro palcoscenico cognitivo inizierà a tirar fuori qualche problema, qualche disgrazia, qualche malanno o almeno la tendenza a ridurre gli aspetti positivi della propria esistenza.
Come è possibile? Eppure, siamo certi che possa avere almeno una cosa di cui essere entusiasta. In realtà, mugugnare – o lagnarsi come direbbe chiunque – è un atto che riesce maggiormente nell’intento di attirare l’attenzione su di sé e nello stesso tempo è catartico. Poiché abbiamo tutti bisogno di scaricare i nostri pesi esistenziali, ricordatevi quando state creando una relazione con qualcuno che quello di mugugnare innanzitutto è un’esigenza di quella persona e, come tale, va rispettata.
Ciò non significa che dobbiamo diventare dei materassi su cui far scaricare le nevrosi di chi ci circonda, ma un aspetto è ineludibile: quando una persona parla, se si lamenta, sta cercando un appoggio in noi. Il problema è che spesso non ce ne accorgiamo o, peggio ancora, ci dà fastidio.
Effettivamente subire i ragionamenti negativi e deprimenti degli altri non è uno sport allettante, soprattutto in quei momenti in cui magari ci si sente bene. Che fare, allora?
Mettendo in pratica il capitolo A, che vi ricorderete abbiamo dedicato all’Ascolto, entrerete in empatia (parola chiave per chiunque voglia aver a che fare con il mondo della comunicazione e della vendita) con quella persona, la farete sfogare e ne comprenderete le motivazioni. Per farlo, però, bisogna agire eticamente. Non serve a nulla far sfogare una persona fingendo di ascoltarla e pensando ai fatti propri. Ascolto ricordo che significa percepire tutto di chi ci sta parlando, osservandone attentamente gli atteggiamenti, la postura, i micromovimenti del corpo e degli occhi.
Per poi passare alla sostanza ovvero all’argomento portato avanti. Chiunque si lamenti ha una percentuale di ragione nel farlo e una buona parte di esagerazione portata dal bisogno di attenzione e approvazione. Quel bisogno, che sia proveniente da un cliente, da un fornitore o anche da un amico, va soddisfatto con quanta più energia e tempo ci è concesso in quel momento.
Accettare il mugugno di una persona ha anche un altro effetto: il nostro interlocutore, sentendosi profondamente accettato e compreso, abbasserà le barriere naturali che tutti abbiamo in determinate situazioni, per esempio durante l’atto dell’acquisto/ vendita.
Una volta messo a suo agio, senza riuffianeria inutile né spocchiosa spavalderia, avrete costruito un ponte privilegiato con quella persona. Talvolta ci vuole un po’ di tempo, ma è possibile con l’esercizio farlo anche in un paio di minuti. Poi, agirete con un bel cambio della sua fisiologia, con un coerente linguaggio del corpo cambierete argomento e magari la motiverete con una domanda aperta e non chiusa. E il gioco sarà fatto. Avrete fatto del bene a voi e all’altro. Non dimentichiamoci, infine, che lamentarsi dice molto di noi e del nostro atteggiamento mentale nella vita.
Renderci conto che ci stiamo lamentando è il primo passo per risolvere quel problema. Sforzarsi di non farlo ha, poi, un altro effetto incredibile: l’auto-manipolazione. Il nostro cervello, infatti, può pensare ad una sola cosa alla volta. Se pensa a lamentarsi, tutta la sua energia sarà spesa in quella direzione. Se si concentra su un argomento positivo, renderà la comunicazione più agile, divertente e anche contagiosa!

Tratto da “Occhio, ti manipolo!” di Roberto Rasia dal Polo www.RobertoRasia.it