Lente a contatto vs correzione oftalmica: implicazioni refrattive, accomodative e binoculari – Parte 3
PARTE 3: ALTERAZIONI DIMENSIONALI
A CURA DI PAOLO FACCHIN
PREFAZIONE
Sebbene il termine “tutorial” venga usato per descrivere in senso stretto una lezione multimediale usufruibile attraverso il web, l’autore di questo lavoro ha voluto prendere in prestito sia il termine che l’approccio espositivo, per provare a costruire, attraverso l’utilizzo di più parti, una rappresentazione simile su carta stampata.
Facendo uso di un maggior numero d’immagini, un criterio di questo tipo esce dalla classica rappresentazione schematica di un articolo scientifico di review e diviene piuttosto una descrizione modulare e progressiva dell’argomento trattato. Per differenziazione di contesto si è voluto dividere il lavoro in tre parti, pubblicate in differenti uscite della rivista: implicazioni accomodative, implicazioni binoculari e alterazioni dimensionali.
ABSTRACT
In questa terza e ultima parte del lavoro che vuole confrontare la correzione oftalmica con quella a contatto, si approfondisce la questione delle alterazioni dimensionali delle immagini retiniche. È possibile verificare dall’equazione che calcola il fattore d’ingrandimento (SM: Spectacle Magnification) che una lente positiva aumenta le dimensioni delle immagini, mentre una negativa produce un rimpicciolimento.
Per eseguire dei confronti, occorre tuttavia una normalizzazione: questa viene effettuata riferendosi a un occhio standard emmetrope e permette di ottenere quello che viene definito ingrandimento relativo (RSM: Relative Spectacle Magnification). È possibile dimostrare (legge di Knapp) che in caso di ametropia assiale il RSM è unitario solo con l’uso di una lente oftalmica posta a una determinata distanza dal vertice corneale (approssimativamente 14mm). In questo caso sembra quindi essere una correzione oftalmica opportunamente collocata, l’unica in grado di evitare alterazioni dimensionali.
Se invece l’ametropia ha eziologia refrattiva, la lente a contatto risulta essere il dispositivo meno incline a maggiorazioni o diminuzioni di grandezza e quindi il più favorevole. La minimizzazione delle alterazioni dimensionali prodotte dalla correzione è un proposito che deve essere ricercato soprattutto in caso di anisometropia.
Al di la delle evidenze ottico geometriche, è stato dimostrato che in realtà, è quasi sempre la lente a contatto il dispositivo che produce la minor differenza dimensionale tra le immagini retiniche dei due occhi (aniseiconia). Questo è spiegabile introducendo il concetto di stretching retinico, condizione potenzialmente esistente in occhi con differente lunghezza antero-posteriore (anisometropia assiale), che predispone una distribuzione dei fotorecettori con minor densità e maggior estensione nell’occhio più lungo rispetto al contro laterale.