L’etica verso se stessi

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“Il vero successo non consiste nel raggiungimento di un obiettivo, ma nel percorso compiuto per raggiungerlo”.

Articolo tratto da: “Conduci la tua vita” e qui riprodotto per gentile concess ione dell’autore.

Victor Hugo scrisse: “Chi è soltanto bravo ha solo uno slancio. Chi è soltanto prode ha solo un temperamento. Chi è soltanto coraggioso ha solo una virtù. L’ostinato nella ricerca del vero ha la grandezza. E il segreto dei grandi cuori è nella parola perseverare”.

Ho stampato questa frase e l’ho appesa anni fa nel mio ufficio, per leggerla spesso.
Mi ha colpito tantissimo e sono certo della sua valenza. In comunicazione, ma in realtà nella vita in generale e soprattutto nella vendita, perseverare per il raggiungimento di un obiettivo è una skill propria non di tutti. Sono numerosi, infatti, coloro che si perdono per strada, scoraggiati dai primi insuccessi.
Nel capitolo D di direzione abbiamo già citato Edison e la sua capacità di leggere un fallimento come un ennesimo “modo per non”.
Nel leggere le biografie di personaggi che hanno raggiunto l’obiettivo che si prefiggevano mi colpisce sempre un duplice aspetto: da una parte sono sempre stati convinti di poterlo raggiungere e dall’altra non hanno mai mollato.
ue lati della stessa medaglia, quella del successo, che sono tutt’altro che scontati o facili da mettere in pratica. Si può costruire la perseveranza? Bella domanda. Tecnicamente e razionalmente non è possibile in maniera diretta, ma si possono ottenere ottimi risultati in maniera indiretta. Non si può non scomodare l’importante concetto della motivazione. Chi persevera in una direzione ha due cose certe dalla sua parte: sa cosa vuole (direzione) e la vuole più di ogni altra cosa (motivazione). A questo punto la perseveranza deriva dalla forza di queste due componenti, entrambe necessarie per raggiungere lo scopo. Ecco perché parlavo prima di `via indiretta’. Per aumentare o per creare in noi un atteggiamento perseverante si deve necessariamente lavorare sulla direzione, che abbiamo ampiamente trattato nel capitolo D e sulla motivazione. Solo in questo modo, ne scaturirà la capacità di insistere in un lavoro mirato, certi del successo che raggiungeremo.
Della parola `motivazione’ sono pieni libri importanti e arguti saggi di formazione aziendale e/o umana. Dal punto di vista di un comunicatore o di un venditore, a costo di essere criticato, io mi sento di dire questo: è davvero difficile decidere di essere motivati su un obiettivo che evidentemente non ci motiva da solo e riuscire a diventarlo. Tuttavia, non è impossibile. Costa tantissimo lavoro e fatica e il rischio di dover buttare via tempo ed energia dopo mesi o anni di vita per arrendersi di fronte a un obiettivo che quella motivazione non è riuscito fino in fondo a suggerirla.
Allora, il mio concetto di motivazione è diverso. Motivati si nasce, non si diventa. È provocatorio lo so, ma non è negativo. Perché se è limitativo ammettere quanto appena scritto, tuttavia c’è una buona notizia: tutti siamo motivati almeno in una cosa. Dunque, semmai il problema è capire con grande sincerità verso noi stessi qual è l’obiettivo che ci stimola senza che noi facciamo nulla per essere motivati. È una sorta di “va dove ti porta il cuore philosophy”, me ne rendo conto, ma vuole avere un’applicazione concreta e profondamente etica. Etica verso noi stessi. Se un bambino ha un’inclinazione naturale (altra parola chiave, qualcuno potrebbe chiamarlo talento) verso l’ambito musicale, è inutile che si intestardisca per diventare un ottimo ingegnere o medico. Quella non è perseveranza, ma testardaggine o ottusità.
Certo, sicuramente diventerà ingegnere o medico e magari pure di buon livello. Ma qui stiamo parlando di un’altra cosa. Di un mal di pancia che prende quando si fa una cosa, quando si lavora o quando ci si applica al proprio hobby. La pedagogia ci insegna che compito del genitore sarà quello di aiutare il bambino a scoprire quale sia la sua inclinazione e agevolare il percorso per assecondarla. Il problema reale, riscontrato molto frequentemente nei giovani di oggi, è che talvolta pare impossibile identificare il proprio scopo, ovvero la propria passione. Non ho davvero cure per questo limite. L’unica è consigliare di lasciare grande libertà al nostro istinto e coltivare costantemente la nostra curiosità e la nostra creatività.
Un maestro, una volta, mi mise al muro con questo ragionamento: “Roberto, facciamo un gioco. Ipotizziamo solo per un attimo che tu possa decidere cosa fare da grande. Ipotizza davvero di poter scegliere, senza limitazione alcuna, ovviamente tenendo conto che non potrai diventare un campione di contorsionismo visto che sei alto 1.85. Allora, chiudi gli occhi e con questo potere enorme che ti viene dato solo per questo gioco, rispondi a questa domanda. Se tu avessi la certezza di riuscire ad avere successo in una cosa, quale sceglieresti?” Risposi con imbarazzo, ma sinceramente. Lui mi sorrise e mi disse: “Ora sai qual è il tuo obiettivo. La motivazione la sentirai crescere dentro di te, giorno dopo giorno. Non fermarti mai nel cercare di raggiungere quell’obiettivo.
Ma se un giorno non sentirai più quel mal di pancia, fermati e rifatti la stessa domanda. Il tuo vero successo non è il raggiungimento di un obiettivo, ma il percorso che farai per raggiungerlo.” La motivazione ha una sola nemica temibile: la paura. Si tratta di uno stato d’animo che ha un’influenza incredibile sulla comunicazione e sulla vendita. Pensate che nella decodifica delle emozioni realizzata da diverse università sparse nel mondo, si evince con chiarezza che fra tutte le emozioni è la paura quella che più incide sulla voce. Ecco perché, quando si ha paura, la voce `si spezza’. Ecco perché, anche nei sogni, il panico viene rappresentato spesso da una totale afonia. Questo è il motivo per cui un presentatore prova il pezzo di apertura di un programma per cento volte allo specchio e poi, sul palco, davanti alle telecamere e al pubblico, balbetta, si incespica e compie un errore. Ah, l’emozione! Che grande trappola. Eppure, così utile in comunicazione e durante una negoziazione con il proprio cliente. Ritengo che l’apatia comunicativa sia uno dei mali della società multimediale odierna. Tutti che si affannano a parlare, parlare e parlare senza riuscire a dire nulla.
Dunque, che fare? Innanzitutto è doveroso osservare un profondo rispetto per la paura. Un’emozione da valutare con la giusta razionalità, da temere, ma di fronte a cui non far nascere nessun complesso. Che sia chiaro, se ci si piega alla paura, sarà lei a vincere.
Se si ha paura di sbagliare un pezzo, lo sbaglieremo. È tutto un atteggiamento mentale, è chiaro, ma che ha importanti ricadute sul nostro comportamento. La differenza è quella esistente in questa scenetta, che ha un duplice punto di vista: un ragazzo giovane è innamorato di una sua amica che in questo momento è appoggiata al bancone del bar. Lui la guarda e la desidera, ma muore di vergogna e ha una sete incredibile. Vorrebbe andare al bancone a prendere una birra, come ha fatto mille altre volte, ma ha una paura difficile da definire, pensando di avvicinarsi a lei e chiedere ad alta voce una birra.
Un amico lo forza, lui va, probabilmente si tocca i capelli abbassando la testa, inciampa rischiando di tirare una musata sul bancone, tutti si girano e lui incornicia una bella figuraccia. Chiede la birra e torna al posto con la coda fra le gambe e fra le risa dell’amico. Altra visione: un ragazzo giovane è innamorato di una sua amica che in questo momento è appoggiata al bancone dello stesso bar in cui si trova lui. Il nostro giovane, però, troppo concentrato nel parlare con l’amico proprio di quella sua fiamma, non l’ha vista.
Ad un certo punto sente una sete incredibile, si alza con piglio sicuro e va a prendere una birra al bancone sfiorando la ragazza, ma senza vederla. Lei, invece, lo nota e arrossisce. Lui, come se niente fosse, torna sorridente e sicuro di sé dal suo amico. L’azione è la medesima, il comportamento no, perché? Perché cambia lo stato d’animo. La paura di sbagliare fa sbagliare. Pensare ad una cosa nutre quella cosa. È scritto in tutti i libri delle più grandi filosofie e religioni del mondo. Una ragione ci sarà, no?