Magirazi per lo Zimbabwe
Nella lingua dello Zimbabwe Magirazi significa occhiali e in Africa sono uno strumento estremamente prezioso specialmente nelle aree rurali.
Nel 2008 durante un breve soggiorno a Roma la Dott.ssa Elisabeth Tarira responsabile di un piccolo ospedale a nord dello Zimbabwe incontra un optometrista romano per un esame della vista.
È grazie a quell’incontro che nasce l’idea del progetto Magirazi.
Nella lingua dello Zimbabwe Magirazi significa occhiali, uno strumento che in Africa è estremamente prezioso specialmente in aree rurali dove un esame della vista è un miracolo e un occhiale quasi impossibile da trovare. Questo la Dott.sa Tarira lo sa bene, ancor di più se pensa al suo ospedale.
L’ospedale rurale della missione di St. Albert si trova nel distretto di Centenary a nord, verso il confine con il Mozambico. La struttura serve una popolazione di 120.000 abitanti. La forte crisi economica e sociale che lo Zimbabwe attraversa ormai da diversi anni, ha reso carenti tutti i servizi sanitari del paese e alcuni di questi come quelli di Vision Care sono spesso del tutto assenti.
A St. Albert non esiste un servizio Ottico, Optometrico o Oftalmologico ma la potenziale importanza di una sua eventuale attivazione è evidente: la missione ha una scuola Primaria e Secondaria con 2500 studenti e come si può immaginare molti hanno bisogno di occhiali, ma per trovare il primo laboratorio ottico disponibile bisogna percorrere qualche centinaio di chilometri.
Dal 1982 l’ospedale di St. Albert è sostenuto dall’Associazione Sanitaria Internazionale, una ONG impegnata nella formazione di personale sanitario locale di nazioni come lo Zimbabwe e l’India.
Il progetto Magirazi per lo Zimbabwe nasce con l’obiettivo di attivare nell’ospedale di St. Albert un laboratorio di Ottica e un ambulatorio Optometrico e successivamente un servizio di Oftalmologia dedicato soprattutto alla chirurgia della cataratta.
Il progetto si sta sviluppando in diverse fasi, alcune già concluse e altre in sviluppo:
1. La prima fase del progetto ha visto la formazione di un professionista locale. Nel 2011 Katrine Matsike consegue la laurea in Ottica e Optometria presso l’università degli studi di Roma TRE. Katrine rientra in Zimbabwe l’anno successivo e inizia il tirocinio ad Harare per ottenere l’abilitazione necessaria richiesta dal College degli Optometristi dello Zimbabwe per esercitare la professione, terminato il quale potrà cominciare a lavorare a St. Albert.
2. La seconda fase ha portato all’attivazione ad Agosto 2014 del laboratorio e dell’ambulatorio grazie a Francesco Berruti un optometrista romano e a Cristina Goso biologa e da anni vicina al mondo dell’Optometria e della cooperazione. I due volontari, oltre ad attivare i macchinari donati da molti colleghi italiani e raccolti negli anni scorsi, hanno anche iniziato il lavoro ambulatoriale vero e proprio.
Le foto allegate sono dei momenti del lavoro svolto nell’ospedale. Come prima cosa sono state installate le strumentazioni disponibili e organizzato il magazzino delle lenti e delle montature. È stato poi visitato in prima battuta il personale dell’ospedale e gli insegnati della scuola, per coinvolgere subito dopo gli abitanti del villaggio, accorsi numerosi non appena si è sparsa la voce dell’apertura dell’ambulatorio.
Come accade spesso nel lavoro sanitario in Africa con volontari stranieri, la gestione dei pazienti nella fase di anamnesi veniva effettuata in più lingue: i pazienti spiegavano il loro problema nella lingua locale e un infermiere traduceva in inglese. Pochi giorni dopo ogni visita sono stati consegnati gli occhiali approntati nel laboratorio appena messo in opera, finalmente senza avere la necessità di recarsi fino alla capitale per poter concretizzare una prescrizione!! Altra cosa molto importante: alcuni infermieri hanno cominciato ad utilizzare le strumentazioni per il montaggio degli occhiali (mola automatica, ventiletta, etc), cominciando ad acquistare una certa dimestichezza. In futuro saranno in grado di procedere da soli.
3. La terza fase è quella di dare continuità al servizio. Nell’attesa che personale sanitario locale gestisca autonomamente l’ambulatorio e il laboratorio, l’ASI promuoverà altre “spedizioni” di volontari italiani. Il primo gruppo è già stato definito: il 16 febbraio, 3 optometristi, Francesco Covino, Rossella Baroni e Serena Dell’Anno sono partiti per lo Zimbabwe per continuare il lavoro ambulatoriale.
Nell’ottica di continuare a fornire volontari al progetto, anche l’Università degli studi di Roma TRE si sta muovendo per entrare in sinergia con il progetto. Da una parte promuoverà presso i propri studenti la possibilità che essi svolgano il tirocinio pratico richiesto al terzo anno proprio in Zimbabwe.
La seconda iniziativa è quella di istituire per i propri studenti del terzo anno o appena laureati, interessati all’iniziativa, delle borse di studio per sostenerli nelle spese del viaggio.
Il progetto ha ancora bisogno di molto:
strumentazioni, montature, lenti, sostegno economico e disponibilità da parte di Ottici, Optometristi e Oftalmologi interessati, a recarsi in Zimbabwe per periodi brevi di volontariato sanitario. Un grazie a tutti quelli che hanno reso possibile raggiungere questi risultati.
Per informazioni e contatti
ASI: Associazione Sanitaria Internazionale
www.asi-international.org
info@asi-medical.it