Osservando l’osservatorio
GIULIA GEROSA – Politecnico di Milano
Innovazione e preesistenze caratterizzano l’osservatorio di Milano dove materiali della tradizione si affiancano a forme rigorose, che riprendono il minimalismo caro a Donald Judd.
In Corso di Porta Ticinese a Milano è possibile trovare da più di dieci anni uno spazio dedicato al mondo dell’occhiale che si distingue per il rigore delle forme progettate dallo studio dell’architetto Andrea Meirana e il calore dei materiali preesistenti.
Lo store si affaccia sul Corso attraverso una singola vetrina che mette subito in comunicazione l’esterno con l’interno, seguendo uno sviluppo longitudinale in cui si susseguono le differenti zone di vendita: occhiale da sole nella parte anteriore e occhiale da vista con vendita assistita al cliente nella parte posteriore.
Il contenitore architettonico scandisce lo spazio attraverso portali in mattoni a vista e soffitti lignei, testimonianza della storicità del quartiere milanese, ospitando come in un contrappunto i rigorosi elementi progettuali senza però entrare in un colloquio diretto con gli stessi. “Si è pensato ad un intervento che, rispettando l’esistente, fosse guidato dalla tipologia del prodotto e divenisse opera architettonica di supporto alla comprensione delle qualità del prodotto stesso, senza per questo perdere d’identità e forza individuale”, spiegano dallo studio Meirana, “Il progetto richiesto dal committente era quello di realizzare uno spazio di vendita che rappresentasse la filosofia dei prodotti, più che un display dei prodotti stessi. Gli occhiali non sono esposti ma svelati, infatti la presenza imponente della volumetria in vetro cela al suo interno gli elementi ciechi rivestiti sartorialmente in stoffa dove trovano posto tutti i modelli e le tipologie di montature, ma soltanto alcune, a rotazione, vengono a essere svelate e inserite all’interno delle strutture espositive seguendo criteri legati al materiale, alla forma o al colore e non più alla ditta produttrice.
L’astuccio rigido del porta occhiale è il riferimento immediato al guscio di vetro, come la stoffa morbida dei contenitori a cassetti è riferimento alla parte soffice e delicata dell’interno degli astucci che protegge gli infiniti tipi di occhiali”.
Il rivestimento in tessuto dei parallelepipedi che costituiscono i banchi di esposizione possono essere sostituiti in modo da aggiornarsi a seconda delle stagioni e delle tendenze in atto, andando a creare, unitamente alla selezione di occhiali esposta un allestimento sempre attuale che varia di volta in volta.
“Da un lato quindi un’architettura rigida e senza incertezze nelle scelte, dall’altro un sistema cangiante, che con l’assoluta pulizia formale rispetta la funzionalità necessaria in uno spazio commerciale e coniuga il rigore e la precisione nel riferimento all’arte minimal, con particolare accento alle opere di Donald Judd dove infatti l’interruzione dell’elemento banco vendita in vetro non segue il ritmo dei pilastri esistenti ma corrisponde ad una sequenza ritmica propria, riconoscibile nell’infittirsi della scansione verso il fondo del negozio; o diventa citazione chiara nei tre elementi espositivi a muro dove l’occasione di dover creare supporto agli occhiali in esposizione viene colta per sviluppare elementi senza tempo flottanti in uno spazio sospeso tra immaginazione riflesso e memoria che vivono di vita propria e che risultano parte dell’architettura anche in caso di assenza dell’occhiale esposto”.
Un luogo dove convivono, dialogando pur mantenendo la loro autonomia, tradizione e innovazione, in cui l’attenzione per il dettaglio e la sensibilità materica danno qualità ad un progetto espositivo che esalta l’unicità dei prodotti venduti. “La scelta di un occhiale nel nostro negozio non si esaurisce con l’acquisto”, spiega Gabriele Evangelisti, titolare de l’Osservatorio.
“La ricchezza di storia che sta dietro ad ogni oggetto prosegue anche oltre l’incontro fra l’occhiale e chi l’ha scelto. L’occhiale diventa un prolungamento della personalità di chi lo indossa, un carattere distintivo, un’emozione…” ha concluso Evangelisti.