Rabdomante dello spirito

Geppo Monzio Compagnoni, cantastorie di vita e pittore degli ultimi.

Nella prestigiosa cornice di Palazzo Doria Spinola (Palazzo della Prefettura) – ubicato in prossimità di Via Roma – una tra le più maestose strade della città di Genova, è stata inaugurata il 5 giugno scorso l’ultima mostra di Geppo Monzio Compagnoni.
Una selezionata collettiva che rappresenta quasi una rarità nella carriera espositiva del Maestro e che porta all’attenzione dei visitatori e della critica le sue opere più recenti, frutto di un percorso personale e artistico lungo una vita e la cui maturazione continua è evidente nell’evoluzione delle sue opere.
Le sue tele spesso sono accolte da supporti di vario genere, oggetti (o parte di essi) che divengono elementi integranti dell’opera stessa: timoni, chitarre, vassoi, ecc… a cui Geppo dona nuova vita.
Il racconto pittorico ‘sfonda’ la dimensione piana per raggiungere lo sguardo di chi osserva con inusitata capacità di coinvolgimento emozionale Un viaggio che conduce attraverso la materia grezza delle superfici fino all’accuratez za dei minuscoli dettagli e descrive, con surrealismo esplicito e tecnica magistrale, una sorprendente ricchezza di contenuto.
Proviamo ad addentrarci nell’affascinante universo di Geppo attraverso le parole del poeta Claudio Buttura: “In un luogo silvestre e remoto sul fiume Trebbia un Rabdomante dello Spirito è alla costante ricerca artistica del ‘mana’, il flusso vitale originario, affinché la vera anima dell’uomo riemerga come un fiume carsico dalle oscurità della coscienza e scorra viva in un alveo, nuovo e antico al tempo stesso, di lucidità e consapevolezza”.
In queste righe Buttura descrive la ‘mente positiva’ di Geppo Monzio Compagnoni “che sa tradurre in immagini di forte impatto umanistico e simbolico le energie cosmiche comunque presenti in ogni essere umano”.
Apparentemente impegnativa come ‘missione’ ma, se intrapresa con spontanea naturalezza come avviene in Geppo, si compie sulla tela, ancor prima che nella vita, una specie di sortilegio. Chiunque abbia conosciuto il pittore bergamasco e si sia spinto oltre i toni dell’apparenza, ha potuto infatti ravvisare in maniera molto forte questa sua tensione verso i mali della vita, accolti sempre con profonda empatia e decodificati attraverso la sua arte.
Uomo schietto e selvatico, nella migliore accezione di entrambi i termini, Geppo si racconta con parole dirette: “nasco come tanti nel 1951 da una bottega di pittori decoratori, ecc. Studiare non se ne parla, mi piacciono i boschi, i fiumi…” e ci consegna quel richiamo profondo verso la natura, la madre terra e i deboli. Tutti. “Non appartengo a nessuna corrente artistica, conosco solo le correnti del fiume, sono un cantastorie coi colori…” e le storie di cui Geppo si fa narratore attraverso i suoi inestimabili pennelli, parlano di percorsi di vita difficili, restituiscono luce a ricordi scomodi alla storia dell’umanità e valore agli emarginati, in una celebrazione continua della diversità come ideale unico e irrinunciabile.