Costruiamo emozioni e vendiamo relazioni

di ROBERTO PREGLIASCO

Ispirandomi all’attività di coach e alle nuove ricerche sul neuroshopping, in questa rubrica mi propongo di fornire in modo semplice e lineare un percorso a tutti coloro che ogni giorno si trovano a relazionarsi con le esigenze dell’ametrope, evidenziando i meccanismi razionali ed emotivi che determinano l’acquisto della soluzione visiva.

Tutti coloro che lavorano in un centro ottico possono diventare “produttori di storie e di contenuti” perché “il consumatore ha cambiato pelle o sta cambiando pelle, in cerca di esperienze più che di prodotti, di sensazioni e di emozioni più che di valori d’uso” (Fabris, 2003). Le politiche vincenti adottate in passato dai centri ottici devono oggi essere ricontestualizzate alla realtà odierna e i protocolli interni dedicati alla vendita devono essere rivisti ed adattarsi alle nuove dinamiche di mercato.
Con la digitilizzazione il consumatore può addirittura acquistare ciò che desidera con un semplice click. Dobbiamo ripensare al modo di gestire la vendita e la relazione con il cliente in tutti i momenti della verità nei centri ottici: dall’accoglienza al post vendita. La vendita oggi è un’arte supportata da ricerche scientifiche e troppo spesso molti professionisti le ignorano (Bauman Z., 2007). È proprio questo il tema che tratto nei miei corsi e che affrontiamo nella rubrica: un preciso metodo di gestione del processo di vendita in relazione alle nuove conoscenze.
Il punto di partenza è la consapevolezza che solo adeguate competenze ti fanno “entrare in partita” e che non ci si improvvisa professionisti della vendita. Non bisogna smettere mai di studiare per sostituire la parola “bene” con eccezionale. Perché il cliente è intelligente, vede cose nel profondo e coglie i particolari. Un’efficace azione di percorso di vendita richiede che il professionista abbia maturato un adeguato livello di equilibrio non solo professionale, ma umano. Il processo del “saper proporre” e del sapere vendere significa conoscere e controllare tutti gli elementi razionali ed emotivi che concorrono a determinare la comunicazione. Vendere vuol dire vendere un servizio, rendersi utili per il cliente, risolvere dei problemi ed entrare nel processo decisionale del cliente per soddisfarne bisogni e necessità.
Tra il professionista alla vendita ed il cliente inizia metaforicamente una partita.
Ogni elemento cerca di spostare il gioco nel campo avversario. Il venditore gioca la partita impostando la tattica sull’analisi tecnica del prodotto, sui vantaggi dopo l’eventuale acquisto, il cliente richiedendo trattamenti economici e di servizio particolari (Silvano M, 2000).
Sicuramente un consulente preparato sul prodotto, capace di argomentarli parte tatticamente bene e con un vantaggio sostanziale. Tale vantaggio è determinato da una preparazione precisa e puntuale.
Attenzione. La partita ottimale è quella che finisce in pareggio: i due protagonisti raggiungono il proprio obiettivo con reciproca soddisfazione.
Come hanno osservato Sandro Castaldo e Chiara Mauri in “Innovazione, Experience, partnership”, oggi il cliente non chiede più di essere soddisfatto, ha alzato l’asticella delle sue aspettative: vuole essere coccolato, emozionato con storie interessanti prima di acquistare.
La nuova e già radicata posizione dell’ecommerce, la crescente affermazione di competitor organizzati (le catene) e un consumatore deciso ed esigente, stanno imponendo ai centri ottici di differenziare l’offerta commerciale e di rivedere le modalità di relazione con il cliente. La sfida è iniziata. Un consiglio: accelerate.
Ma questo consumatore che gli esperti definiscono eclettico, individualista nelle scelte, poco fedele, è in crisi e cerca solo il prezzo? La verità è che il consumatore cerca la massima qualità, compatibile con i mezzi a sua disposizione e non solo il prezzo. Numerosi centri ottici pensano di non avere altre opzioni oltre alla riduzione di prezzo come strumento primario per influenzare il consumatore.
Queste imprese non avranno vita lunga.
Ci sarà sempre qualche azienda che venderà gli stessi prodotti proposti ad un prezzo inferiore e questi centri diventeranno semplicemente una delle tante vetrina di Amazon ma, senza avere alcun indennizzo economico in cambio.
Da domani il centro ottico deve trasformarsi non più solo in un luogo di acquisto ma, ed è qui il passaggio epocale, luogo di esperienza e di educazione alla visione.
Ma educare è arte. Per educare ci vuole un progetto ed è necessario strutturare un percorso pensato e dedicato. È per questo che in aula affermo spesso che è necessario sottoporre le regole della vendita a una manutenzione attenta.
Perché soddisfare il cliente con montature di qualità dalle performance eccezionali e un eccellente rapporto qualità/prezzo non è più sufficiente. Considero la vendita come un’esperienza di condivisione di conoscenze, un processo “trasparente” in cui il cliente rivolge a un professionista una richiesta e il professionista risponde accogliendo il consumatore e offrendogli risposte e soluzioni, fino alla soddisfazione del suo desiderio. Sono necessarie “vere” competenze per orientare il cliente all’acquisto della migliore soluzione visiva per stimolare la sua sfera sensoriale e fargli vivere esperienze piacevoli ed autentiche. Le neuroscienze sono oggi in grado di spiegarci perché e come determinati stimoli ambientali influenzino le scelte d’acquisto e le ricerche forniscano una nuova prospettiva di analisi per capire cosa il consumatore voglia e cosa lo influenza e come gli individui elaborano le decisioni di acquisto. Solo oggi, grazie ai progressi tecnologici in campo neuroscientifico, è possibile avere rappresentazioni dell’attività cerebrale utili a comprendere, almeno in parte, i reali meccanismi che si attivano nei processi decisionali. È risaputo che ogni individuo ha due menti e due coscienze integrate nel ponte calloso, una struttura di fibre nervose che unisce i due emisferi del cervello.
Ognuna di queste metà ha il proprio criterio di apprendimento e di percezione della realtà: come si legge in Hooper e Teresi (2012) “L’emisfero sinistro è specializzato nell’elaborazione di stimoli verbali, analitici e sequenziali, mentre l’emisfero destro elabora gli stimoli non verbali ed è più portato per le abilità spaziali e per i compiti sintetici, globalizzanti e ideativi”.
L’emisfero destro ha una superiorità generale (dominanza) sull’emisfero sinistro rispetto a vari aspetti del comportamento emotivo. I due emisferi, inoltre, non sono tenuti a collaborare: a volte cooperano, a volte invece operano singolarmente con modalità, percorsi e attività diversi.
Le ricerche hanno evidenziato che le donne hanno un corpo calloso, la struttura che connette i due emisferi, più sviluppato rispetto agli uomini e hanno una maggiore quantità di neuroni a specchio, che favoriscono i comportamenti empatici e un maggiore controllo emotivo in situazione di elevata ansietà. Gli studi hanno anche una diversa modalità di fare acquisti fra il genere femminile e quella maschile.
Quest’ultima privilegia la velocità, non ama sostare più del necessario nel pdv: desidera trovare velocemente ciò che gli serve. Ha spesso difficoltà ad orientarsi nel layout, non sopporta code e trascorre poco tempo a valutare le alternative. E quindi come nasce la motivazione all’acquisto di una determinata montatura vista? Come reagiscono gli ametropi alle promozioni all’interno del centro ottico? Da quale emisfero proviene la decisione di acquisto della soluzione visiva proposta? Quali sono gli strumenti più efficaci per gestire al meglio la vendita in base alle nuove conoscenze neuroscientifiche? Perché solo alcuni passanti (potenziali consumatori) si fermano ad osservare la vetrina del centro ottico? Come realizzare l’esposizione delle montature all’interno del pdv per invogliare l’acquisto semplificando il processo decisionale?
Sono riuscito a dare una risposta a queste domande dopo che ho avuto la possibilità di entrare in contatto con il Behaviour and Brain Lab di Milano dove si testano campagne pubblicitarie, prodotti, siti web attraverso tecniche e metodologie basate sull’analisi di segnali fisiologici, come quelli rilevati con l’elettroencefalogramma (EEG), con un lettore dei movimenti oculari (Eye tracking) e con strumenti in grado di rilevare l’arousal e l’attivazione emozionale (Heart Rate, Skin Conductance).
Ho incontrato capaci professionisti che mi hanno illustrato queste nuove discipline: neuromarketing, neuroretail, neuroeconomia e neuroselling.

• NEUROMARKETING valuta le emozioni e gli effetti provocati da un layout specifico, spot pubblicitari, immagini, siti web, packaging.
• NEURORETAIL studia l’efficacia di progettazione e organizzazione dei punti vendita.
• NEUROECONOMIA è una branca dell’economia comportamentale (behavioral economics) per studiare il comportamento dei consumatori attraverso l’analisi dei processi cerebrali.
• NEUROSELLING è il campo di ricerca che sfrutta gli studi sul funzionamento del cervello nell’ambito del processo di vendita (Bercea M.).

In effetti la psicologia del consumo è stata una materia poco studiata, probabilmente a causa dell’impostazione classica che vedeva il consumatore come un soggetto razionale che agiva sempre secondo criteri logici e orientato alla sola scelta di minimizzare i costi e massimizzare i benefici. Si pensava ad un processo decisionale esclusivamente basato sulla valutazione costi/benefici.
Oggi questo modello non è esaustivo. In quanto le emozioni costituiscono la base fondamentale da cui scaturiscono i pensieri, i comportamenti e le azioni degli individui. Francesco Gallucci nel suo libro “Marketing emozionale e neuroscienze” ci avverte che senza emozioni la nostra vita sarebbe “un film in bianco e nero” e che le emozioni rappresentano una modalità fondamentale di reazione del nostro organismo a tutti gli stimoli, interni ed esterni; sono “il motore e la ragione primaria del nostro comportamento, la bussola ultima che ci guida nelle scelte fondamentali, il termometro di quanto siamo felici di ciò che ci circonda e di come stiamo affrontando l’esistenza” (Hain C., Kenning P., Lehmann-Waffenschmidt M).
Oggi, le neuroscienze, la biologia e la psicologia hanno dimostrato che la razionalità non può fare a meno dell’emotività e che la mente umana non è in grado di comprendere i meccanismi che regolano i propri pensieri e le proprie azioni, il consumatore è infatti consapevole solo di una piccola percentuale di ciò che accade realmente durante un processo decisionale.
Semplificando si può affermare che “non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”.

(fine prima parte)