È tutta QUESTIONE di PUNTI di VISTA

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di CRISTINA BIGLIATTI

Patrick Hughes, artista britannico di fama internazionale, realizza delle vere e proprie illusioni ottiche artistiche. La sua “reverspective art” è data da quadri che sembrano in movimento, o meglio, seguono il movimento di chi li osserva.
L’opera è composta da dei coni cubici mozzati e dipinti: camminando intorno ad essi è possibile notare le diverse prospettive a seconda dell’angolazione in cui ci si trova.
Solamente guardandolo di fronte, però, si può godere del magnifico colpo d’occhio che presenta e soltanto quando lo si osserva di lato si possono notare i suoi rilievi. Curiosi di scoprire di più sulla sua magnifica arte, abbiamo fatto qualche domanda a Mr. Hughes.

Com’è nata l’idea di realizzare i suoi primi dipinti a rilievo?
Quando ho iniziato a dipingere nel 1959 non avevo una preparazione da artista figurativo, così ho iniziato a dipingere con uno stile “piatto”. Ma poi una mattina del 1963 in una stazione ferroviaria ho visto I binari vuoti, in fuga verso l’infinito; sono rimasto affascinato da quel fenomeno e ho pensato di farne una scultura. Guardando dal davanti questa scultura di traversine ferroviarie stese sul pavimento ho notato un effetto ottico particolare, ovvero la prospettiva era ribaltata rispetto a quello a cui siamo abituati: non andava verso il fondo ma al contrario veniva verso di me. Ho pensato quindi di realizzare una stanza in prospettiva forzatamente rovesciata ed una volta creata l’ho appesa alla parete. Con mia grande sorpresa è diventata uno spazio illusorio all’interno del quale lo spettatore si può immergere e mettere in gioco la sua percezione.

Ci dica in che modo i suoi incredibili lavori possano sfidare la nostra percezione.
Quando si guarda una maschera da dietro può sembrare che il volto fuoriesca anche se in realtà va verso l’interno. Si tratta di un fenomeno naturale. Le mie opere sono simili in quanto invertono lo spazio, ma diversamente, perché non si tratta di repliche di oggetti, ma rappresentazioni prospettiche di ciò che “vedo”.

Ha mai studiato gli effetti che la sua arte provoca ai nostri occhi? Ci può dire in che modo il nostro cervello reagisce quando guardiamo i suoi dipinti?
Quando ci muoviamo il nostro corpo è d’accordo con i nostri occhi, invece adesso osservando la mia “reverspective” (prospettiva rovesciata) gli occhi ci dicono una cosa e i piedi hanno invece altro da dire. Questo è intollerabile, così crediamo che sia l’immagine ad essere in movimento. Pensiamo che il nostro rapporto con le camere, con gli edifici o con le cose dipinte, venga spostato. Preferiamo credere che questi coni di legno dipinto si muovano magicamente, piuttosto che pensare che i nostri occhi e il nostro corpo stiano mentendo gli uni agli altri, dal momento che fino a questo punto entrambi sono stati in perfetto accordo.

In molti dei suoi lavori viene ritratta Venezia: qual è il suo rapporto con la città?
Venezia è la città perfetta per me da rappresentare, vi è una tale grande risorsa di edifici eleganti, tutti allineati ad un altezza simile tra loro in modo che io possa allungarli e schiacciarli all’interno delle mie forme concettuali. E poi quei palazzi si appoggiano sulla laguna. La fluidità dell’acqua aiuta il flusso e riflusso che riecheggia nella nostra percezione delle cose che osserviamo all’interno di questi spazi.