Il viaggio della speranza 2.0

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Per il secondo anno consecutivo, una delegazione di ottici-optometristi italiani si è recata a Blinisht, nel Nord dell’Albania, dove ha effettuato ben 1.500 esami della vista alla popolazione autoctona.

Dal 18 al 21 ottobre scorsi cinque ottici-optometristi sono andati nel Nord dell’Albania su invito di Don Enzo Zago per visitare gratuitamente la comunità locale.
In soli quattro giorni hanno effettuato ben 1.500 controlli su pazienti di ogni età, dai bimbi dell’asilo agli anziani; hanno prescritto 394 occhiali da lettura, 166 montature per lontano, 5 bifocali e 3 occhiali da sole.
Un’esperienza umana e professionale senza paragoni per Andrea Boeche, Stefano Cernuschi, Marco De Bona, Amedeo Lissoni e Fabrizio Padrin i quali, come ci ha dichiarato in questa intervista il loro portavoce ufficiale, Amedeo Lissoni, non si ferma qui. I nostri cinque ottici-optometristi stanno già pensando al viaggio del prossimo anno.

Com’è nata l’idea della missione?
Fondamentalmente perché, per il secondo anno consecutivo, io e Stefano Cernuschi siamo stati invitati da don Enzo Zago – un prete italiano che da anni presta la sua opera in Albania – per effettuare “qualche esamino” a Blinisht, nel nord del paese.

Cosa ha significato concretamente “qualche esamino”?
1.500 esami in quattro giorni!

Chi avete visitato?
La popolazione di quattro villaggi, per un totale, come dicevo, di 1.500 persone. Abbiamo avuto tantissimi bambini e notato che dai 4 ai 12/13 anni hanno pochissimi difetti visivi, dagli 11 ai 19 la situazione è addirittura più positiva e il sintomo che manifestano maggiormente è il bruciore agli occhi. È possibile che il problema sia legato all’utilizzo degli smartphone: è pazzesco, la popolazione guadagna in media 2 euro al giorno, ma la diffusione dei telefonini è altissima.

Qual è il rapporto degli abitanti di questi luoghi con gli occhiali?
È strano non vogliono gli occhiali per vedere da lontano: si vergognano. È ancora valido il vecchio sfottò del “quattr’occhi”.

Quanti eravate?
Cinque ottici-optometristi e ognuno di noi era affiancato da una persona del luogo che ci aiutava nelle traduzioni.

Che ruolo svolge Don Enzo all’interno della comunità?
Don Enzo ha fatto diventare la Parrocchia un posto dove risolvere tutti i problemi. Ad esempio a una famiglia che era disperata perché aveva perso una mucca, che era la sua principale fonte di sostentamento, è riuscito a comprarla. Quindi, svolge un ruolo assolutamente fondamentale.

In che condizioni lavoravate?
Direi piuttosto precarie. Eravamo in un ambulatorio dell’ex regime dove venivano effettuate le operazioni chirurgiche. Ad esempio, io lavoravo nei corridoi, i miei colleghi nelle salette d’attesa. Usavamo le coperte per fare i test perché non c’erano le tapparelle.

Qual è stato il caso più difficile?
Una signora di 42 anni con 19 diottrie di miopia che non aveva mai fatto una visita agli occhi di nessun tipo. E poi abbiamo visitato nove suore di clausura. Per poterle visitare hanno dovuto aprire una porta del convento mentre noi eravamo in una stanza comunicante.

Quali sono i risultati concreti della missione?
Abbiamo prescritto 394 occhiali da lettura e 166 per lontano e cinque bifocali e 3 da sole.

Chi vi fornirà lenti e occhiali?
Allison ci ha donato più di 1.000 occhiali, Galileo e Shamir ci hanno fornito le lenti.

Quali strumenti avete utilizzato?
Oltre ai nostri personali, abbiamo avuto due Mos da F. Fanton, un autoref pediatrico da Frastema e Nikon, grazie all’amico Gabriele Lepri, ci ha dato due tablet tecnici per esami e centrature.

Quindi non avete un main sponsor?
No, le aziende ci forniscono le strumentazioni, le lenti e gli occhiali.
Il resto dei costi della missione è il risultato dell’autofinanziamento.

Quindi possiamo lanciare sulle nostre pagine un appello per finanziare la vostra missione per il prossimo anno?
Onestamente non ci pesa autofinanziarci perché è una cosa che sentiamo e vogliamo fare. Poi, se qualcuno avesse interesse ad aiutare Don Enzo e la sua comunità, può contattarci senza problema. Un paio di volte l’anno parte dalla Parrocchia di Seregno un camion con gli aiuti per questa popolazione.

Cosa ha rappresentato per lei?
Tanto, tantissimo. Sono cresciuto sia a livello umano che professionale. Sono felicissimo di avere fatto anche quest’anno questa bellissima esperienza.