Motivazione: questa sconosciuta

di ROBERTO RASIA DAL POLO

Conoscete Nicola Dutto? Recentemente il suo nome è stato riportato da tutti i giornali poiché escluso per un vizio di forma dalla famosa gara Parigi-Dakar, a competizione già iniziata. Non ci sarebbe nulla di straordinario in questo, se non fosse che Nicola Dutto vive su una sedia a rotelle, dopo un terribile incidente in moto.
Le sue vertebre si sono schiacciate tutte, dal collo fino all’osso sacro e il suo corpo ha subito una decelerazione da 160 a 0 Km/h in pochi metri. Un miracolo, innanzitutto, che sia vivo, ma ciò che ha il sapore di vero miracolo è la motivazione che risiede nella sua testa.
Ho avuto modo di intervistare Nicola qualche mese fa e mi ha raccontato che dopo due anni dall’incidente, è tornato in sella. Io ero sbalordito.
Come si fa a guidare una moto senza le gambe? Ecco, mi fermo qui. La domanda che mi sono fatto quel giorno in modo veloce ed istintivo era sbagliata.
O, meglio, potenziante lo era perché – come abbiamo ricordato più volte da queste pagine – era rivolta alla soluzione, però metteva in dubbio la fattibilità del ritorno in moto. Dutto, invece, da campione mentale prima ancora che fisico, questo dubbio non lo ha avuto. Era in qualche modo certo che sulla moto ci sarebbe tornato e, dopo un periodo iniziale difficile, ha posto tutta la sua volontà sul progetto di rientrare.Cosa differenzia un tale campione da noi “umani”, persone normali, prive di queste doti che appaiono oggettivamente sensazionali?
C’è sicuramente una parte di predisposizione vorrei dire genetica, ovvero un modo di pensare e di porsi nei confronti della vita che è proprio “speciale” rispetto alla media, questo è indubbio.
Ma c’è qualcosa di più. Cosa muove la mente di un uomo ad andare contro ciò che molti ritengono impossibile? Cosa lo fa lavorare per ore, giorni, mesi e anni con uno scopo solo? Come ha fatto Dutto a tornare in sella, tornare a gareggiare ad alti livelli e addirittura iscriversi e partecipare alla gara più massacrante del mondo, la Parigi Dakar?
Stiamo parlando amici miei di motivazione, la bestia nera di ogni attività commerciale.
È noto, infatti, che in qualsiasi azienda del mondo due uomini (o donne) motivati fanno il lavoro di 4 o 5 non motivati a dovere. È evidente che la motivazione è un carburante potentissimo, un propellente in grado di far decollare qualsiasi progetto.
Portate la vostra mente a quel giorno in cui avevate un sogno che avete poi realizzato.
L’apertura di un negozio vostro? Trovare un lavoro della vita? Un progetto speciale pensato per tanto tempo?
Bene, quando quel sogno nasceva, eravate un ribollire di emozioni (leggasi biochimica!), non esisteva stanchezza e gli ostacoli erano solo una parte fondamentale ma accessoria del progetto. Difficoltà che in ogni caso avevate la convinzione di superare.
Ecco un altro punto: è indubbio che essere motivati implichi un livello di convinzione verso la propria meta superiore alla media. La convinzione è quell’insieme di certezze mentali radicate nel nostro io più profondo che creano stati d’animo precisi.
E sappiamo ormai bene che gli stati d’animo governano le azioni di noi tutti, dunque i nostri comportamenti. Le convinzioni sono spesso sbagliate o limitanti e hanno purtroppo un effetto concretamente negativo sulla nostra vita. Il vecchio e consunto esempio del “sono certo che l’esame andrà male” è sempre valido.
La convinzione sbagliata corrode la motivazione. Se parlate a qualcuno che – anche erroneamente – è convinto di qualcosa, difficilmente gli farete cambiare idea.
La sua motivazione va di pari passo con la sua certezza di visione e questa è una caratteristica che ha decretato il successo di alcune persone note o meno note.
Ovviamente non basta questo, purtroppo. Non è sufficiente essere convinti di qualcosa per essere motivati e raggiungere lo scopo. Questo sotterfugio spesso traspare da alcuni libri più o meno improvvisati di qualche autore (o sedicente tale).
L’ambiente, per esempio, è una variabile determinante. Le altre persone sono un ulteriore asset imprescindibile per la riuscita di un progetto.
Chiedete al nove volte campione del mondo Valentino Rossi cosa significhi rincorrere per il decimo anno consecutivo il raggiungimento del suo sogno, che rimane quello di vincere il decimo campionato del mondo e ritirarsi in gloria. Credete forse che non sia motivato a sufficienza? A 40 anni essere tra i primi 5 rider del mondo vuol dire una cosa sola: che un po’ sei matto, un po’ hai talento e soprattutto ti alleni tutto l’anno, ogni ora, ogni minuto per il raggiungimento di un solo scopo: vincere. Dunque, credo proprio non sia un problema di motivazione.
Rossi è convinto di farcela, tanto che con i successi che ha ottenuto e il palmares conquistato fino ad oggi non gli costerebbe nulla gettare la spugna, evitare di prolungare i rischi fisici e godersi la seconda parte di vita su qualche isoletta dei Caraibi. Ma non lo fa e non lo farà, anche lui non mollerà, perché la sua convinzione di poter raggiungere il suo scopo è ferrea.
L’ambiente, l’età e i concorrenti agguerriti sono certamente variabili impazzite e non calcolabili. Chi arriva eternamente secondo ci ha messo l’anima allo stesso modo, ma ricordo sempre con una punta di perfidia ciò che Enzo Ferrari diceva: “Il secondo è il primo degli ultimi”. Dunque, cosa diavolo è questa benedetta motivazione? E, soprattutto, come la si crea? Quest’ultima domanda mi viene costantemente rivolta da imprenditori e responsabili commerciali e più passa il tempo e più incontro venditori, più mi lascia perplesso. La domanda che vorrei sentirmi rivolgere è: la motivazione si può creare?
Questo è il punto secondo me.
E sarò brutale nel dirvi che la risposta secondo il mio umile punto di vista è no. La motivazione si può aumentare, si può limare, smussare e coccolare. Ma creare da zero proprio mi pare impossibile.
Chi sostiene il contrario non si è mai trovato di fronte a una risorsa umana completamente demotivata, che ti accoglie con braccia e gambe incrociate, totalmente avulsa dalla realtà. In lui (o lei), in realtà, una motivazione c’è, ma è negativa ovvero la convinzione che un progetto sia sbagliato, un’azienda ingiusta, un lavoro sottopagato, etc. Che sia vero o no (non è questo ora che conta nella nostra riflessione), quella convinzione negativa ha la stessa forza di una convinzione positiva che allontana da un progetto. Anzi, c’è più di uno studioso autorevole che sostiene che la convinzione negativa che ci allontana da qualcosa sia di norma più forte di una convinzione positiva che ci avvicina a quella cosa. Pensiamoci.
Creare motivazione, soprattutto in azienda, presuppone a mio parere un’analisi profonda e sincera delle condizioni in cui versano le risorse. Le vostre donne e i vostri uomini sono motivati oggi? Da 0 a 10, secondo voi, quanto sono motivati onestamente? Dopo aver fatto questa analisi, che implica una buona conoscenza ovviamente di quelle risorse, ci si deve chiedere come agire sulla motivazione esistente, pena compiere errori grossolani che possono addirittura limitare il livello esistente. Avete mai provato, per esempio, a fare qualcosa fortemente contraria alle vostre attitudini? Uno sport, un’attività, un piatto in cucina o un incontro con chi vi è proprio indigesto? Se siete passati sotto questa tortura, sapete bene di cosa stiamo parlando. Quando si è costretti per diversi motivi, le cose si fanno lo stesso, ma quasi mai si cambia idea.
Tutto ciò non significa certo che non si possa agire sul concetto di motivazione, perché in alternativa gran parte delle risorse andrebbero bruciate. Ma il problema inizia prima, non quando suonano le prime campanelle di evidente demotivazione. Diciamo con serenità che a quel punto è già tardi.
A me fanno sorridere quegli imprenditori che, di fronte a una risorsa che minaccia le dimissioni, mettono sul piatto un aumento di stipendio o una crescita di ruolo, illudendosi di essere stati in grado di tenersi stretta la risorsa. È totalmente sbagliato ai miei occhi! Intanto si lancia un messaggio ben preciso ai colleghi: minaccia di andartene, così sarai promosso. Poi, una persona che arriva a licenziarsi non lo fa perché gli è venuto in mente al mattino. Come minimo, sta valutando quell’ipotesi da giorni, settimane, se non mesi.
Le uova si sono già rotte e il denaro non è certo motivazione, lo si è capito e studiato ormai da tanti anni. Semmai, la mancanza di uno stipendio adeguato crea demotivazione, questo sì, ma chi prende un aumento di 10.000 € all’anno a gennaio, se rimane in quell’azienda senza ulteriore engagement che non sia quello meramente economico, a giugno ha di nuovo sete e ne vorrebbe altri 10.000. Insomma, la motivazione è evidente che non stia neanche nel denaro.
Dove allora? Questo è il nocciolo del problema. Forse non lo abbiamo ancora capito del tutto, ma due o tre suggerimenti li possiamo dare, derivanti dall’osservazione di chi, saggio o fortunato, ha fatto la cosa giusta.

Innanzitutto, sulla motivazione bisogna lavorare da subito, dal primo minuto in cui una risorsa entra in negozio o in un’attività commerciale qualsiasi.
È un percorso costante.

Secondo, non si agisce sulla motivazione con un argomento solo o unicamente in un settore. Come ogni persona è complessa, anche la nostra motivazione lo è e corre sempre su un binario precario che va alimentato.

Terzo, il coinvolgimento: fra tutte le risorse a nostra disposizione, questa mi pare la migliore. Coinvolgete una persona intorno a voi in un progetto, dandole importanza, e la motiverete. Se avete uno straccio di autorità, usatela in quel senso, dando importanza agli altri e non a voi stessi. Voi l’avete già e vi è riconosciuta dal ruolo, dal job-title o dalla divisa che portate. Coinvolgere gli altri chiedendo la loro opinione, per esempio, è lo strumento migliore per avere l’attenzione altrui.

Quarto, date l’esempio. Nelle piccole realtà, questo è un argomento scottante.

Quinto, emozionate le persone, non fatele solo ragionare. Spiazzatele, ridete e sorridete, usate creatività e vi rimarranno attaccate per sempre.
Il mondo è già pieno di gente grigia, non vi pare il caso di doverla colorare un po’? Anche questo è motivare.
Comunichiamo Amici, non è mai abbastanza!