OnLine, OnLife, OnLive! Una vita tra il virtuale ed il reale.

In costante equilibrio tra esperienze digitali e il crescente bisogno di ritrovare il contatto fisico.

Mentre lo spazio fisico si è ristretto quasi alla clausura (la quasi totalità delle abitazioni private non sono state pensate, cercate, acquistate o affittate anche per il lavoro “agile” da casa), lo spazio digitale ha trovato i motivi di un’espansione senza precedenti, nella ormai virtuale concretezza, della vita quotidiana.

Le riunioni online sono diventate la norma per la totalità delle aziende di servizi, per gli impiegati dell’industria, per la pubblica amministrazione. La scuola online è diventata una soluzione di emergenza per milioni di studenti.

L’assenza sul mercato di piattaforme italiane (residenti) o almeno europee e la palese impreparazione alla gestione dell’emergenza digitale (richiesta) in netto contrappunto con la sempre puntuale preparazione (offerta) di quasi quotidiane nuove soluzioni digitali per la comunicazione deve far riflettere.

E’ accaduto così che una grande quantità di momenti sociali sia rimasta del tutto in sospeso, arrivando anche a esagerazioni o a pure provocazioni da social. Fiere online? Eventi online? Concerti online? Viaggi online? Aperitivi online? Matrimoni online?

Per qualche tempo ci si era probabilmente illusi di aver già trovato il magico equilibrio tra la vita online e quella offline, tanto che il neologismo “onlife”, concept coniato dal filosofo Luciano Floridi, era diventata una parola, spesso non compresa, ma assai utilizzata.

Ma dal lockdown in poi, l’onlife è stata subito profondamente ricacciata nella vita online di tutti i giorni. Sicuramente, per questo periodo di perdurata emergenza sanitaria, è una grande opportunità, una salvezza per tanti.

Ma uscendo dalla crisi, la costante espansione della dimensione digitale rimarrà al livello attuale o arriveremo infine a una specie di rigetto? Per le grandi piattaforme online che sono state appositamente progettate per lo scopo, questa fase iperdigitale dell’onlife, sarebbe un’ottima opportunità di incrementare ulteriormente il business.

Ma l’esperienza così com’è resta insufficiente, non arriva quasi mai a soddisfare integralmente le aspettative. Che cosa serve allora per trovare un nuovo equilibrio tra digital-life e real-life?

Una prima osservazione è evidente. Fare tutto online è molto stancante, provoca danni fisici per errate posture ed è essenzialmente noioso, poco gratificante. 

Nonostante riusciamo a misurare il risparmio di tempo e denaro (zero spostamenti) tutti noi però non vediamo l’ora che finiscano certe superattività relazionali online: troppo cerebrali, probabilmente anche troppo monodimensionali, ma sicuramente troppe.

L’empatia di un incontro fisico (real-life) non genera soltanto un arricchimento della comunicazione informale, ma anche una costante rigenerazione dell’energia personale. Una gran parte delle riunioni, specie quelle commerciali resterà online forse per sempre, anche per abbattere i costi: ma resterà anche così faticosa e fisicamente dannosa?

Comprare online invece è indubbiamente comodissimo, ma solo quando e dove la logistica funziona perfettamente. Sarà difficile tornare ai negozi con la stessa logica di prima: per gli acquisti ripetitivi di prodotti industriali dallo scarso valore aggiunto (importanza dello storytelling), forse è meglio restare definitivamente online. Questo se si è chiusi in casa.

E se non lo si è? La dimensione edonistica online è certamente meno divertente, per adesso. Vivere (virtualmente) gli aperitivi online è certamente possibile, per chiacchierare, una volta o due, per i più metodi(sti)ci. Ma tutti i giorni, come accadeva fino a un anno fa, di certo no. Del resto, è proprio necessario andare a fare l’aperitivo tutti i giorni, come veniva celebrato in tante città italiane?

Non ci sono altre attività da fare che vale la pena di coltivare? Un corso online, in effetti, non sarebbe una buona idea? Sì, se non fosse così faticoso, tanto da convincere cento persone a cominciare, ma una sola di loro cento a completare il corso (dati GfK). Resteranno così, tutte le nuove esperienze educative?

No. Ma ci vorrà altra innovazione tecnologica e un cambio profondo di cultura. Un’innovazione per la qualità delle esperienze e anche per l’equilibrio dei risultati.

Ecco alcune nuove proposte che stanno facendo scuola Il loro contenuto di novità è il vero messaggio commerciale: se si potrà trovare un equilibrio nell’onlife spostata un po’ di più sul digitale, ciò avverrà soltanto attraverso una ricerca costante di progetti che dimostrino lo spirito con il quale le proposte si proiettano verso le persone e cercano di dare loro qualcosa di più di una semplice simulazione della mancata esperienza fisica.

Le Isole Faroe hanno chiuso ai turisti per bloccare l’epidemia. Per questo, Visit Islands, l’ente per il turismo locale, ha creato nell’aprile 2020 un’esperienza di viaggio virtuale di tipo nuovo, semplice e interessante. I visitatori che si connettono non incontrano un documentario, uno scenario in 3D da vedere con l’Oculus, o un’altra soluzione soltanto digitale. 

Possono controllare un abitante delle Faroe in carne e ossa che è equipaggiato con una “bodycam”, una micro videocamera che trasmette in diretta. Con quella persona, i visitatori esplorano il paesaggio e l’ambiente “urbano” come un avatar umano, camminando, correndo, tuffandosi, nuotando o saltando da un elicottero.

Le trasmissioni quotidiane durano un’ora. Gli spettatori hanno a disposizione turni di un minuto ai comandi. I collaboratori (molto preparati) dell’ente del turismo sono online live per rispondere alle domande e dare informazioni sulla cultura, la storia e le attività nei luoghi visitati.

Mentre gli acquisti online aumentano di importanza, i luoghi fisici cercano di difendere la loro utilità con creatività. Burrow, (mobili), ha aperto il suo flagship store di 2.200 metri quadrati a New York City per proporre ai clienti delle vere e proprie esperienze.

Il negozio ospita eventi, registrazioni di podcast, dibattiti con giovani donne manager e opinion leader del settore. L’idea era quella di costruire comunità, fidelizzare e incuriosire i potenziali consumatori, creare momenti che le persone poi postassero su Instagram.

La pandemia ha fermato questo processo. L’azienda ora prosegue online. Crea eventi su Instagram e incontri virtuali con il personale. Tutte le aziende produttrici cercano di creare esperienze sociali online ambientate nei loro negozi. 

La Camp per esempio offriva ai bambini l’opportunità di festeggiare free i compleanni in negozio. Ora propone di farlo su una loro piattaforma che porta i bambini a festeggiare online in un setting che replica lo store. La ricerca e i continui test per questo “l’experiental retail” sono in corso, i risultati ancora poco incoraggianti dal punto di vista commerciale.

Un sondaggio globale della società di consulenza WKSpace offre informazioni sull’esperienza di lavoro da casa degli ultimi mesi. Mostra che il 46% dei dipendenti ritiene che nei prossimi anni potrà avere un’influenza maggiore su come e dove lavorerà e il 53% pensa che il lavoro e il luogo di lavoro sono destinati a cambiare radicalmente.

Intanto il 42% dei dipendenti dichiara di volere più incontri virtuali che una presenza fisica. Le aziende diventano sempre più consapevoli della salute e del benessere dei dipendenti, il periodo di totale lockdown ha aperto nuovi orizzonti sul reale futuro del luogo di lavoro (edificio/ufficio), con nuove prospettive riguardo la riduzione dell’orario di lavoro e il miglioramento dell’ambiente ecologico e tecnologico. 

Tutta la sperimentazione in questo campo, spesso legata a metaprogetti di design globale, o a progetti di architettura per rinnovamenti di aree o di intere città, che porta avanti l’innovazione tecnologica e digitale, oggi è orientata a trovare nuovi equilibri e maggiore qualità nel rapporto tra le esperienze digitali e analogiche, tra il virtuale e il reale.

Un’integrazione che finalmente non sia basata sulle caratteristiche tecniche delle piattaforme digitali o sulle limitazioni fisiche dei luoghi analogici. Ma sulle nuove esigenze degli utenti.