Dimmi il tuo target e ti dirò che ottico sei.

Targetizzare è spesso una regola disattesa ma è fondamentale per il business.

Troppo spesso nel mondo del business – come nella vita – le cose apparentemente banali si danno per scontate.

E quel che poi, immancabilmente, avviene, è che siano proprio queste a marcare la differenza su un risultato che appariva tutt’altro che irraggiungibile.

Mi riferisco alla capacità di delineare il proprio target e costruire la propria strategia in base ad esso.

Targetizzare (neologismo ormai accettato da tutti, con buona pace di noi amanti del linguaggio italiano..) significa esattamente questo: prima di agire, ci si deve fare alcune domande precise. Una di queste è: a chi è rivolta la mia comunicazione?

Come vi accennavo, pare davvero scontato. Eppure, soprattutto negli ultimi mesi, sto notando che si tratta di una regola spesso disattesa. Forse l’ansia di ripartire o forse l’occhio attento di tutti noi puntato sul risultato commerciale ci impediscono di rispettare alcune tappe davvero basilari.

Nel momento in cui aprite o rilevate un’attività commerciale – a maggior ragione se è un BtoB stretto, quale un negozio/centro ottico – identificare il proprio interlocutore diventa essenziale.

Significa chiedersi: a chi mi sto rivolgendo? Quali sono le classi di persone che riceveranno questo messaggio? E, soprattutto, quali di esse io voglio colpire in modo preciso? Capite che non si tratta di noccioline, ma di premesse necessarie (e non sufficienti) per costruire una strategia di marketing e di comunicazione.

Troppo spesso, sento dire “Ora voglio finire un po’ sui giornali” e a questa smania di comparire segue un’azione di uscita su un giornale locale o su un sito web verticale. Nulla di male, se non fosse che nessuno si è preso la briga di andare ad analizzare la tipologia di lettori di quel giornale o l’audience di quel sito.

Avrebbe, altrimenti, notato che si tratta di testate giornalistiche magari rivolte a target completamente diversi dal proprio o geograficamente basati su un’area non di nostro interesse.

Come uscire da questo pantano, dunque? C’è una regola, innanzitutto, che non dobbiamo e non possiamo eludere: conoscere.

Conoscere significa essere onnivori dell’informazione, significa andare un po’ oltre la lettura dei titoli, significa adottare la tecnica che il mio amico Maurizio chiama “del trapano”.

Il trapano non fa buchi superficiali, ma lo si usa per andare in profondità. Maurizio – giustamente – lamenta il fatto che poche persone in azienda e nel commercio approfondiscono.

Lo dice in senso lato, nella lettura di un giornale, nella scoperta di un sito web o di uno strumento nuovo o nell’affrontare un discorso al bar (che sta diventando un desueto modo di dire, viste le recenti chiusure degli esercizi pubblici…).

Fate una prova goliardica. Pur non riconoscendo nessuna valenza scientifica a Wikipedia e tantomeno alle ricerche su Google, tuttavia provate a utilizzare questi due metodi per fare un cosiddetto fact-checking durante la prossima conversazione a cui assisterete.

Non per forza in ambito ottico. Appena qualcuno citerà uno studio, un nome, una percentuale o un numero, voi senza farvi notare provate a controllare quella citazione cercandola sul web.

Ripeto, il web non ha la scientificità di un’enciclopedia, ma molto spesso la sostituisce egregiamente, se letto cum grano salis. Vi sorprenderete davanti ai risultati!

La gente, mediamente, spara cifre, nomi, citazioni e sentenze del tutto a caso. Non è tanto ignoranza, quanto mancanza di approfondimento. Si usa dire che il giornale viene letto dai titoli anziché dal contenuto degli articoli.

Eh certo, perché leggere un titolo implica uno sforzo minimo di 7 secondi, mentre un articolo può necessitare anche 4 minuti per un’attenta lettura.

E nel mondo frenetico di oggi chi ha 4 minuti di tempo per fermarsi? Già, chi? Chi ha capito che è molto meglio correre un po’ meno – da un punto di vista informativo lo dico – e approfondire, acculturarsi, appropriarsi di concetti da fare propri. Perché, poi, la differenza emerge.

Ecco che, dunque, nella predisposizione delle vostre future strategie (perché voi state pensando a settembre, vero? A prendere l’onda di rimbalzo che ci sarà, intendo…) come si fa a fare a meno di chiedersi: qual è il mio target preciso? A chi voglio parlare esattamente? Quanti anni ha? Dove abita? Che problemi di vista ha? Che capacità di spesa ha? Sono alcune delle domande che vi aiuteranno nel mettere a fuoco il bersaglio del vostro business.

Vorrei farvi un esempio fuori settore, come faccio spesso, nella costante convinzione che mettere il naso in altri business possa sempre aiutarci a vedere le cose senza alcun pregiudizio.

Riportare la lezione in casa propria, poi, è un gioco da ragazzi.

Pensate di essere una compagnia aerea. Pensate di essere sul mercato da un bel po’ di anni, di vantare una storia imprenditoriale, di essere conosciuti etc.

Ma immaginate di soffrire, per via della competizione di una giovane compagnia concorrente che sta letteralmente conquistando l’animo (e il portafogli) del target più giovane che viaggia. Dunque del futuro. Cosa fate?

Siete in riunione con i vostri manager più importanti.

Uno dice “Dobbiamo fare pubblicità, una pubblicità mirata. Compreremo spazi sui giornali dei più giovani così colpiremo esattamente lì dove soffriamo”.

Bene, basta questo? No, miei cari, targetizzare non vuol dire solo identificare il proprio target, ma targetizzare tutta la comunicazione a supporto di un’azione.

Dopo aver pensato che all’interno della pubblicità una cosa dev’essere messa bene in evidenza cioè l’esperienza e la tradizione che rendono la vostra compagnia affidabile, dalla vostra riunione esce questo messaggio: “Una bellissima foto di un vostro aereo che vola in alto (dunque il lettore sarà a terra, mentre un vostro aereo lo sorvola nel cielo lassù in alto) con la scritta “Noi ci siamo dal 1972 e siamo certi che vi faremo volare come nessun altro”.

Tutti orgogliosi della vostra auto-referenzialità, pubblicate ovunque il vostro messaggio, sui social dei giovani, sui siti dei giovani e sui giornali dei giovani. Risultato? Un buco nell’acqua e milioni di euro spesi male. Perché?

Perché il target giovane lo avevate colto molto bene (magari grazie a qualche survey di qualche bravo consulente), ma non avete targetizzato il linguaggio ovvero il mezzo con cui avete comunicato la vostra immagine.

Il lettore giovane è uno che si sente piccolo di fronte a un aereo o è uno che pensa di essere un “figo” anche di fronte a una compagnia aerea? Potete fargli vedere un aereo dal basso, come dire, tu sei piccolino e noi voliamo alto? È intelligente secondo voi? Passiamo al linguaggio verbale/scritto: chi è il soggetto di quella frase? Loro o voi? Quanto pesa quel “Noi ci siamo dal 1972…”, quanto ego-centrismo è condensato in quel messaggio? Come fa a toccare i cuori delle persone e per di più dei più giovani che sono, per antonomasia, volti al protagonismo essi stessi? Quale prosopopea in quel “…siamo certi che vi faremo volare come nessun altro..”.

Io non sopporto più le aziende che usano il noi in modo così invasivo.

Ma i direttori marketing e comunicazione hanno mai studiato un testo base di comunicazione efficace? Non gli ha mai detto nessuno o hanno mai usato un trapano per andare in profondità qualche centimetro e capire che la gente vuole sentirsi protagonista e libera delle proprie scelte?

Conviene cambiare velocemente il proprio modo di targetizzare la comunicazione, poiché negli stessi giorni in cui voi siete concentrati sulla vostra storia, sulla vostra tradizione, sulla vostra esperienza, c’è una compagnia nata giovane, con una mentalità fresca che ha deciso di uscire con questo messaggio sugli stessi vostri giornali: un rullo trasporta bagagli con le valigie di gente giovane sopra.

Una hostess simpatica giovane e carina e uno stewart altrettanto giovane e carino che, dandosi la mano come in un famoso quadro di Chagall, stanno volando sorridenti orizzontalmente sui bagagli e la scritta: “È una stagione meravigliosa per viaggiare, non credete?”.

Boom! Colpiti e affondati. Da una parte il target è conservatore, vecchio, tradizionalista, appassito, grigio e autoreferenziale, dall’altra è giovane, millennials, creativo, informale, sin scherzoso.

Allora, che tipo di target avete voi? Qualunque sia il vostro target, sarà un successo. Ma dipenderà da come voi targetizzerete il vostro marketing e soprattutto il vostro modo di comunicare.

Coloro che entrano nel vostro negozio hanno un’età media avanzata? Benissimo, allora conosciamo tutti il loro linguaggio, il loro orizzonte sociale e filosofico, la loro aspettativa di vita, i loro problemi e le loro esigenze ottiche.

Come vi rivolgerete a loro in una pubblicità sui giornali? Investirete sui social? Certo, la terza età è un’apprezzatissima frequentatrice dei social.

Ma quale social? Se io fossi il vostro consulente, non vi consiglierei certo di puntare la maggior parte del vostro budget su Instagram che – secondo uno studio di 6 mesi fa soltanto – ha per il 91% utenti sotto i 55 anni e i frequentatori delle foto quadrate sopra ai 55 anni rappresentano solo il 9% del totale.

Vi pare? E per sapere queste cose? Usate il trapano, andate a studiare, approfittate della grande apertura alla conoscenza che la rete ci offre.

Ci sono opportunità ovunque e ricordate ciò che mi disse una volta Ennio Doris, come ho scritto nel primo capitolo del mio ultimo libro: “Un uomo di successo è quell’uomo che sa cogliere le numerose opportunità che la vita costantemente gli pone di fronte.

Comunichiamo Amici, non è mai abbastanza!

Roberto Rasia dal Polo

Il secondo libro di Roberto Rasia dal Polo “I trucchi della comunicazione efficace!”, edito da Jouvence Editore, è disponibile su Amazon, in libreria e su RobertoRasia.it

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